“Gli esseri che ne hanno la possibilità – è vero che sono gli artisti, ed io ero convinto da un pezzo che non lo sarei stato mai – hanno anche
il dovere di vivere per se stessi; ora l’amicizia è per loro un’esenzione da questo dovere, un’abdicazione di sé. La stessa conversazione, che è il modo d’espressione dell’amicizia, è una divagazione superficiale, che non ci arricchisce di nulla. Possiamo conversare per tutta una vita senza far altro che ripetere indefinitamente il vuoto di un minuto, mentre i
l cammino del pensiero nel lavoro solitario della creazione artistica si fa nel senso della profondità, la sola direzione che non ci sia chiusa, in cui possiamo progredire, con più fatica, è vero, verso un risultato di verità. E l’amicizia non è soltanto priva di virtù come la conversazione: è inoltre funesta. Perché l’impressione di noia che quelli di noi la cui legge di sviluppo è puramente interiore non possono non provare presso un amico, cioè restando alla superficie di sé, invece di proseguire il loro viaggio di scoperte nel profondo, quell’impressione di noia l’amicizia ci persuade a rettificarla quando ci ritroviamo soli, a ricordarci con emozione le parole del nostro amico, a considerarle come un apporto prezioso, mentre
noi non siamo simili a costruzioni cui si possano aggiungere pietre dall’esterno, ma a piante che traggono dalla loro propria linfa il nodo successivo del loro fusto, il piano superiore del loro fogliame. Mentivo a me stesso, interrompevo la crescita, nel senso secondo cui potevo effettivamente crescere, ed essere felice, quando mi rallegravo d’essere amato, ammirato da un essere così buono, così intelligente, così ambito come Saint-Loup; quando applicavo la mia intelligenza non alle mie oscure impressioni, che sarebbe stato mio dovere decifrare, ma alle parole del mio amico, in cui, ridicendomele – facendomele ridire da quell’altro ‘io’ che vive in noi e sul quale siamo sempre contenti di scaricare il peso del pensiero –
mi sforzavo di trovare una bellezza, ben diversa da quella che perseguivo silenziosamente quando ero veramente solo, ma che avrebbe dato maggior pregio a Robert, a me stesso, alla mia vita.“
[Marcel Proust, À la recherche du temps perdu]
Tratto da: https://gianluigiago.wordpress.com/2015/02/09/proust-e-la-solitudine/